AC Adulti – Primo incontro di formazione

Si è svolto oggi, nella nostra nuova sede, il primo di tre incontri incentrati sulla formazione degli animatori ed educatori del gruppo Adulti.

Partecipare ad un incontro tenuto dal nostro Luca Torcasio, è come gettare benzina su un braciere che si sta spegnendo: riaccende un fuoco vivo che poi dobbiamo essere bravi ad alimentare con nuovi ceppi.

Oggi siamo partiti dall’Evangelii Gaudium in particolare dal “Sì alla sfida do una spiritualità missionaria” che ci parla di come oggi è alto il rischio di avere operatori pastorali con un’accentuazione dell’individualismo una crisi di identità e un calo del fervore.

Immaginate questa cosa riflessa in un animatore/educatore come può essere distruttiva per questo il programma formativo ci fornisce degli spunti per riflettere e prevenire questo fenomeno.

Nel primo spunto di riflessione, Luca ci propone un paragrafo tratto dal libro di Giovanni Floris “Quella notte sono io”.

Partiamo con una sequenza di numeri 2,3,4,4,7,10 se dovessimo calcolarne la media matematica questa sarebbe 5. Ma la cosa strana è che il numero 5 non è contenuto nella sequenza pur essendone il valor medio.

Se consideriamo la media come ” normalità” e quindi prepariamo l’incontro avendo come riferimento la media, rischiamo di far sentire alcuni inadeguati: ogni numero, come ogni persona, ha una sua identità che se viene standardizzata causa snaturamento.

Il compito dell’educatore non è quello di dare risposte, ma di stimolare gli altri a porsi domande: solo se conosciamo bene noi stessi e i nostri sogni possiamo ritrovarci per dare a chi ci segue spunti di riflessione per porsi nuove domande.

Non bisogna considerare il gruppo, o comunque in generale l’associazione, come un ordine militaresco che crei degli impegni e obblighi le persone a partecipare, ma piantare dei semi per far nascere fiori che attirino “lo sciame” delle persone che ci circondando. Non possiamo imputare lo svuotamento delle parrocchie solo alle nuove generazioni, ai troppi impegni, ma dobbiamo fare autocritica perché forse stiamo piantando i semi sbagliati e lo sciame preferisce i fiori presenti su un altro prato.

Così come la vita pastorale non deve essere solo un insieme di impegni di eventi che ci dobbiamo affaticare a preparare senza trovarne il significato.

Un po’ come la caccia alla volpe, l’obiettivo deve essere la preda e non la preparazione della caccia: se passiamo troppo tempo a preparare eventi senza gustarne il significato, senza sintetizzare il motivo per cui lo facciamo, siamo solo delle macchine da guerra per cui il tempo risulta dilatato e ci scordiamo che la nostra vita ha un termine.

Nella caccia non tutti i cani vedono la volpe,ma gli altri di fidano e corrono dietro a quello che l’ha vista: questa è la perfetta similitudine dell’educatore che è colui il quale ha visto la preda(Dio) e deve convincere gli altri membri del gruppo a seguirlo cosicché tutti possano alla fine trovarlo.

Dobbiamo essere “NEL mondo” e non “DEL mondo”…